Riflessologia plantare: un po’ di storia
La sua storia è antica e sconosciuta ma fondamentale per capirne l’importanza. La riflessologia del piede, infatti, riscoperta nell’ultimo periodo, in realtà, nasconde dietro se una lunga e interessante storia che risale, addirittura, al tempo degli antichi egiziani. La tomba di un medico egiziano ha rivelato nel Novecento dei geroglifici la cui traduzione è inequivocabile: il piede, la cura di questa parte del corpo, era una delle abitudini più importanti e non trascurate da parte dei lontanissimi primi abitanti del Mar Mediterraneo.
Anche la Bibbia possiede molti riferimenti ai piedi, all’usanza di lavarli e, comunque, alla sacralità di un gesto legato a una parte del corpo che, inspiegabilmente, è diventata trascurata fino ai giorni nostri. Eppure: è con il piede che ci muoviamo. Sono loro a sorreggerci in tutte le nostre faccende quotidiane. Non prendiamo abbagli però: un conto è l’importanza che ha questa parte del corpo, un altro la nascita della scienza legata alla riflessologia plantare e alla teoria zonale.
Risale al 1917 la pubblicazione di Terapia zonale, come alleviare il dolore a casa propria, da parte del Dottor William H. Fitzgerald. È quello il testo in cui per la prima volta si affermo il successo di una terapia che, usando mani e dita, poteva alleviare i dolori.
Da cosa nasce la riflessologia plantare?
La leggenda narra che una sera, durante una cena, il Dottor Fitzgerald parlò con una cantante lirica che aveva un problema: i toni più alti della sua voce erano abbassati e nessuno specialista della gola era riuscito a scoprire la causa di un disturbo che per lei avrebbe avuto l’unico risultato della fine della sua carriera. Il medico caparbio chiese di esaminare le dita di mani e piedi della cantante. Risultato? Associò questa perdita a un callo sull’alluce destro. Esercitata una pressione sulla parte corrispondente a quella zona per alcuni minuti, la cantante notò la sparizione del dolore. A quel punto la cantante si esibì nella cosa che meglio le riusciva: miracolosamente le note più alte, come mai prima, furono per lei di nuovo raggiungibili.
Cosa ha a che fare la cena con la Riflessologia plantare?
Il Dottor Fitzgerald era un medico al Boston City Hospital, specialista laringoiatra nel Connecticut con un curriculum d’eccellenza che vantava studi a Vienna, a Londra e in tante altre città europee. Nel 1902, mentre era a Capo del Reparto di Otorinolaringoiatria iniziò a praticare la teoria zonale. Esercitando una pressione su varie parti della mano riusciva ad alleviare i dolori. In principio usava degli ausili tecnici ma il successo delle sue manovre e dei suoi massaggi era completo. Il testo che Fitzgerald aveva pubblicato, però, non ebbe un grosso impatto sul mondo medico. Tranne che per un dottore: Joe Shelby Riley che, invece, si affascinò alla teoria zonale e decise di approfondire il legame fra il corpo e la riflessologia. La svolta per questa scienza nacque proprio dal lavoro di Riley e della sua terapista Eunice Ingham.
Riflessologia plantare: cos’è?
Nei primi anni Trenta Ingham, terapista molto impegnata nel suo lavoro e famosa, nonché sostenitrice della teoria zonale ed esperta nell’operazione a essa legata, ebbe l’intuizione che se la teoria di Fitzgerald poteva funzionare sui riflessi della mano, la corrispondenza ci sarebbe stata anche con i riflessi dei piedi: parte molto più sensibile e corrispondente alle mani stesse. Fu Ingham a tracciare la mappa zonale del piede e a riscontrare la corrispondenza fra il piede e gli altri organi del corpo.
I primi disegni che, oggi, sono le mappe zonali del piede, rappresentavano su un piede una versione rimpicciolita del corpo. Ingham iniziò a operare sui piedi usando il pollice e premendo su zone particolarmente sensibili. Ingham a differenza di Fitzgerald, però, si liberò da tutti gli strumenti esterni di cui il medico americano si serviva e utilizzò soltanto le dita delle sue mani e, in maniera particolare, il pollice, cercando di localizzare le zone più sensibili del piede.
Messa a punto la sua riflessologia Ingham pubblicò nel 1938 il libro Le storie che i piedi possono raccontare attraverso cui divulgò per la prima volta tutti i benefici della riflessologia plantare. Da quel momento in poi per Eunice Ingham si aprì una carriera di successi interamente dedicata all’aiuto dell’umanità e all’espansione della Riflessologia plantare, quale forma d’amore verso il prossimo, in grado di assistere, dare bene e far tornare alla piena salute tutte le persone affette da sintomi strani e non immediatamente curabili ricorrendo alle sole cure mediche. Eunice morì all’età di 84 anni assistita dai suoi nipoti che tanto si sono adoperati affinché i suoi testi, i suoi insegnamenti e le sue scoperte non andassero perdute. Così è nato l’Istituto Nazionale di Riflessologia e, proprio per il successo che la riflessologia plantare acquisì, anche l’Istituto Internazionale di Riflessologia entrambi volti a divulgare il Metodo Originale Ingham in tutto il mondo.
Riflessologia plantare: a cosa serve?
Oggi la Riflessologia plantare ha sviluppato ulteriormente le sue metodologie, le modalità di massaggio plantare e si è arricchita anche di numerose accademie di formazione. Bisogna saper distinguere fra il Metodo Originale Ingham e tutte le altre metodologie esistenti sul mercato della riflessologia. Non ci si deve in ogni caso dimenticare che la riflessologia plantare basa la sua forza sull’assenza dell’impiego di altre attrezzature e meccanismi e che non è un farmaco né tanto meno prescrive medicine, ma agisce a partire dai riflessi del piede e dal loro collegamento con tutto il corpo.
Riflessologia plantare: quali sono i benefici?
Diventare esperti di riflessologia plantare quindi non vuol dire diventare medici, né tanto meno sostituirsi a questi nelle prognosi e nelle diagnosi. Il riflessologo plantare ha una missione: alleviare i dolori, dare benefici, attraverso l’uso delle sole mani. Il corpo umano possiede una grande quantità di energia. Se questa, però, subisce dei disequilibri che portano a uno sconvolgimento delle forze energetiche posso sorgere dei malesseri localizzati in punti precisi o diffusi. La teoria zonale, che ha colto il legame fra il corpo e il piede, grazie alla mappa plantare in cui si coglie, dalle dita dei piedi alla pianta dei piedi, ogni singolo tessuto, organo e parte del corpo umano, dà la possibilità di ritrovare equilibrio con l’aiuto di un riflessologo esperto.
Le tecniche del Riflessologo sono tante e vanno comunque utilizzate con cura, dopo una formazione massiccia. Anche il riflessologo plantare deve fare attenzione alla sua arte perché, se presa con superficialità, essa potrebbe arrecare più dolore che giovamento. Per questo motivo è di fondamentale importanza sentirsi anche portati ad operare per gli altri, a prendersi cura di chi soffre, senza la pretesa dell’onnipotenza, ma con la sola voglia di mettere a disposizione la propria manualità e la propria gestualità per chi chiede aiuto. Adulto, anziano, bambino, mamma, papà, nipote: la riflessologia plantare dona solito proprio a tutti!
Possiamo diventare tutti riflessologi plantare, ma chi possiede la sensibilità, l’empatia, la capacità di immedesimarsi nel dolore dell’altro possiede una marcia in più. Il riflessologo plantare non è soltanto un massaggiatore. Il Riflessologo plantare è quell’amico che, soltanto con le sue forze, riuscirà a regalare la felicità a chi, davanti a sé, non intravede la via d’uscita dal tunnel del dolore. Questo dovrebbe far riflettere sul perché, diventare oggi riflessologo plantare, è una missione vera e propria.
Disclaimer:
Gli articoli contenuti in questa sezione hanno puro scopo divulgativo/informativo e non intendono sostituire il parere del medico. I contenuti di cui sopra pertanto non sostituiscono le pagine ufficiali dei corsi e dei prodotti, dove, invece, sono presenti informazioni aggiornate e dettagliate.
0 commenti